di Paolo Rada
“ (…) Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’ occidente che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano (…)”… Quante volte abbiamo ascoltato queste parole, pronunciate da Benito Mussolini il 10 giugno 1940 in piazza Venezia a Roma allorchè dichiarava l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania nazionalsocialista contro Inghilterra e Francia… L’Italia allora ebbe il coraggio di sfidare, di “spezzare le catene di ordine economico e militare che ci soffocano nel nostro mare”, quelle potenze mondialiste e imperialiste che ancor oggi affamano i popoli di tutto il mondo, che come una piovra hanno posto i loro tentacoli culturali, economici, militari -non dimentichiamoci mai che senza la loro potenza militare gli Stati Uniti , e i loro vassalli occidentali non riuscirebbero ad avere nessun controllo sul mondo- contro i popoli della terra e che questa graduale occupazione del globo ha avuto come momento paradigmatico la vittoria del blocco anglo-americano-sovietico nella seconda guerra mondiale. Se la seconda guerra mondiale avesse avuto un altro esito sicuramente non parleremmo ora, non esiterebbe ora l’imperialismo americano, non esiterebbe la BCE, non si sarebbe avuta l’occupazione manu militari attraverso la NATO e il Patto di Varsavia prima ed ora solo della NATO- e/o attraverso gli accordi bilaterali che gli stati vassalli debbono compiere , onde poter esistere o beneficiare di un piatto di lenticchie, chiamati prestiti, accordi commerciali ecc. verso le potenze imperialiste, tra le quali spiccano, ma non sono i soli gli Stati Uniti d’America -di quasi tutto il globo terrestre.
Al netto di queste considerazioni che ci sembrano lapalissiane, di una semplicità disarmante uno storico deve però porsi il problema del perché l’Italia entrò in guerra. Oggettivamente l’Italia non era pronta né a livello militare, né, soprattutto, a livello logistico ad affrontare una guerra contro Inghilterra e Francia. Bisogna dunque chiedersi, bisogna dunque porsi questo interrogativo: “Perché la dirigenza fascista, in primis Mussolini, decise di entrare in guerra, causando così (è facile parlare con il senno del poi, ma d’altronde il compito dello storico non è quello di assistere in contemporanea ai fatti, questo è il compito del giornalista, ma è quello di cercare di analizzare i fatti storici e dare una spiegazione o fornire spunti di riflessione) la perdita di tutti i domini d’oltremare italiani, la fine della monarchia, la quale era stata la fautrice dell’unificazione italiana: il popolo, al di là della retorica e dell’oleografia risorgimentale fu assente o per meglio dire non parteggiava certo per i Savoia. Emblematiche e paradigmatiche furono le stragi compiute contro le popolazioni meridionali le quali fedeli ai Borboni furono sempre refrattarie all’idea di Italia da parte dell’esercito piemontese. Si può tranquillamente affermare che il risorgimento non fu una guerra di conquista dello stato piemontese ai danni delle altre nazioni che componevano la penisola italica.
L’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale e la successiva sconfitta causarono inoltre la nascita della Repubblica parlamentare, e soprattutto l’inserimento italiano nel campo politico occidentale con la conseguente perdita della sovranità politica, economica, militare.
Oggettivamente la seconda guerra mondiale ha rappresentato una sorta di linea di demarcazione storica tra un prima e un dopo.
Dobbiamo dunque chiederci perché l’Italia entrò in guerra, senza avere la pretesa di fornire della risposte certe e assolute, ma cercando di porci degli interrogativi e cercando di formulare delle ipotesi. In questo articolo-saggio cercheremo di presentare quattro ipotesi interpretative del perché l’Italia entrò in guerra alle quali seguiranno delle nostre personali valutazioni.
La prima teoria storiografica che vogliamo prendere in considerazione è quella che si trova in quasi tutti i libri di storia, in quasi tutti i manuali ad uso e consumo degli studenti italici:
1) Essa vede un Mussolini cinico e spregiudicato che valutando erroneamente l’andamento della guerra, credendo in una rapida vittoria germanica decide di porre sul piatto della bilancia, sul piatto delle trattative di pace che si sarebbero dovute svolgere nel giro di qualche mese tra la Germania vittoriosa e la Francia e l’Inghilterra sconfitte “qualche migliaio di morti” onde sedersi al tavolo delle trattative stesse. Mussolini e la dirigenza fascista fecero un grandissimo e “dilettantesco”, ci si permetta il termine, errore di valutazione sulle reali capacità militari della Germania, ma soprattutto dell’Inghilterra della quale si credeva una imminente fine. Corollario di questa tesi è naturalmente la sopravalutazione delle capacità militari, economiche, morali, logistiche della stessa nazione italiana. Il problema inerente a questa tesi è il fatto che pone come una tautologia, come premessa essenziale e necessitante l’incapacità di Mussolini e della dirigenza fascista di valutare i rischi di una guerra, lo svolgersi della guerra stessa e le capacità militari del popolo italiano. Ammesso e non concesso che la parabola discendente di Mussolini incominciò, sempre secondo la storiografia ufficiale, verso il 1938 come è possibile che un uomo che godeva dell’appoggio, del consenso, seppure passivo, della maggiorana del popolo italiano abbia compiuto un errore simile? Se Mussolini non avesse deciso di entrare in guerra probabilmente avrebbe finito i suoi giorni circondato dall’affetto e dalla stima del popolo italiano stesso.. La tesi di un Mussolini che decide di entrare in guerra per potersi sedere al tavolo delle trattative di pace, tesi che ha una sua logica intrinseca, presuppone però una sorta di impazzimento generale della dirigenza fascista la quale avrebbe valutato erroneamente le reali capacità militari del popolo italiano, e lo svolgersi della guerra medesima ipotizzando la sua fine di lì a qualche mese con la resa dell’Inghilterra.
2) La seconda tesi che vogliamo prendere in considerazione è simile a quella già da noi delineata al punto primo. L’Italia entra in guerra, Mussolini e la dirigenza fascista sono consapevoli delle reali incapacità militari dell’esercito italiano, ma ipotizzando, come già detto sopra la fine prossima della guerra e soprattutto non prevedendo l’attacco germanico all’URSS, ricordiamo che vigeva tra la Germania e la Russia un patto di non aggressione, e soprattutto l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America credevano che la guerra non sarebbe divenuta mondiale, ma si sarebbe limitata allo scenario europeo. Anche questa tesi presuppone una incapacità di analisi in politica estera della dirigenza fascista. Ipotizzare che da un lato l’URSS-la Germania dichiarando guerra all’URSS non fece altro che anticipare quanto Stalin aveva già in mente, ovvero una guerra di aggressione contro la Germania stessa- e dall’altro lato gli Stati Uniti d’America se ne sarebbero stati buoni di fronte al fatto che anche l’Italia “scendeva i campo” al fianco della Germania hitleriana assistendo quali spettatori passivi alla nascita di una Europa a guida nazionalsocialista e fascista con la conseguente fine del dominio coloniale inglese nel mondo, presuppone che chi formulò una analisi simile, ovvero la dirigenza fascista fosse composta da dilettanti ignari delle più elementari nozioni di politica estera.
3) La terza tesi che vogliamo delineare e che ha avuto soprattutto una forte eco all’interno della memorialistica e della storiografica neofascista, tra coloro i quali si sentono ancor oggi eredi di quell’esperienza storica, afferma che molti esponenti della dirigenza fascista, ma soprattutto la quasi totalità degli alti comandi dell’esercito, la quasi totalità del mondo industriale italiano, della nobiltà legata alla casa regnante, ed in primis lo stesso Re ed i circoli di corte abbiamo spinto, indotto Mussolini a dichiarare guerra con la recondita speranza che la guerra si sarebbe persa causando così la fine dell’esperienza fascista. Dunque si presuppone secondo questa tesi che Mussolini fosse circondato di traditori: gli alti comandi dell’esercito avrebbe omesso a Mussolini le reali capacità dell’Italia di affrontare la guerra inducendolo così a compiere quello che si può tranquillamente definire un suicidio politico. Oggettivamente la condotta della guerra da parte delle armate italiane, i piani strategici degli stessi alti comandi
denotano una dilettantesca incapacità dell’arte della guerra. Il problema è cercare di stabilire se ci fu solo dilettantismo operativo o se invece questo dilettantismo fu creato ad arte onde far perdere la guerra all’Italia. I libri di Trizzino, di Baroni (1) sono veramente disarmanti…Sembra veramente che gli alti comandi, più il padronato italiano fecero di tutto per far sì che l’Italia perdesse la guerra. Dalla mancata invasione di Malta, alla guerra in Grecia, alla perdita della Cirenaica, alla sciagurata condotta militare nell’Africa Orientale e in Russia, alla mancanza consegna di viveri, benzina, vestiario agli stessi soldati, e l’elenco potrebbe essere infinito, notiamo una sorta di dilettantismo operativo che molto spesso, il confine è labile, fa pensare veramente al tradimento e al sabotaggio. Il fatto che nelle trattative del 1945 venne messa un clausola che prevedeva che non potessero essere giudicati e dunque puniti come traditori e collaborazionisti con il nemico, coloro i quali all’interno delle forze armate avessero aiutato l’invasione angloamericano dell’Italia e sabotato la condotta militare dell’Italia stessa, lascia molto a pensare… E’ Interessante notare, per di più, che gli esuli antifascisti di Parigi già nel 1937 consapevoli dell’appoggio popolare, sebbene come detto sopra passivo, di cui godeva il Regime Fascista, in una riunione sotto la guida del Grande Oriente, avevano stabilito quale modus operandi di far si che le personalità antifasciste presenti in Italia con posti di comando sia a livello militare, politico ed economico all’interno dello stato fascista-monarchico inducessero la dirigenza fascista e Mussolini, a partecipare alla guerra mondiale che si sarebbe svolta da lì a qualche anno. Costoro probabilmente sapevano che le potenze mondialiste (Francia e Inghilterra), non avrebbero mai tollerato un’ Europa a guida hitleriana e che avrebbero aspettato il casus belli, onde dichiarare come poi fecero il 3 settembre 1939 guerra alla Germania. Il casus belli fu Danzica…Un Mussolini inconsapevole, plagiato dagli alti comandi dell’esercito, dai circoli di corte, i quali d’accordo con la grande industria (la FIAT su tutti) indussero il Duce stesso a compiere un grandissimo errore politico, le cui conseguenze sussistono tutt’oggi.
4) La quarta tesi che vogliamo prendere in esame e che potrebbe essere la trama di un romanzo giallo o di fantapolitica, afferma che Mussolini entrò in guerra il 10 Giugno 1940 d’accordo ed in sintonia con Churchill il primo ministro inglese.
Churchill, il quale stimava fortemente Mussolini, avrebbe indotto Mussolini stesso a dichiarare guerra all’Inghilterra e alla Francia, promettendo al Duce stesso una resa a breve termine sia della Francia, come poi effettivamente avvenne, e soprattutto dell’Inghilterra, cosa che invece, come sappiamo, non avvenne. Perché Churchill chiese a Mussolini di entrare in guerra? Churchill chiese a Mussolini di entrare in guerra di modo che al tavolo della pace, durante le trattative che sarebbero intercorse tra le potenze vincitrici (Italia e Germania) e le nazioni sconfitte ( Francia e Inghilterra), l’Italia stessa avrebbe ammorbidito le pretese germaniche, facendo sì che all’Inghilterra sarebbe stato lasciato parte del suo impero coloniale e magari che la stessa isola britannica non sarebbe stata oggetto di occupazione da parte delle truppe germaniche, ma da lì a qualche tempo si sarebbe formato un governo inglese autonomo, magari amico della Germania stessa. Mussolini e Churchill in questa ipotesi, temendo una sorta di imperialismo tedesco sull’Europa e sul mondo, avrebbero in qualche modo deciso di far sì che l’Italia entrasse in guerra per calmare, ammorbidire la Germania vittoriosa al tavolo della pace che si sarebbe svolto di lì a qualche mese… L’Inghilterra, però non ottemperò ai patti ed invece di arrendersi, così come stabilito, riuscì grazie alla dichiarazione di guerra italiana a presentarsi presso l’opinione pubblica mondiale quale nazione aggredita, ed a chiedere in modo esplicito l’aiuto statunitense, ad internazionalizzare così il conflitto. Churchill sferrò un “colpo gobbo” verso Mussolini, il quale a questo punto non poteva certo, alleato della Germania, rendere pubblici gli accordi che vi erano stati tra lui e la dirigenza inglese, nella fattispecie Winston Churchill. Come avrebbe potuto un Mussolini, che aveva spronato gli italiani a “correre alle armi” affermare che era entrato in guerra d’accordo ed in sintonia con Churchill ? E’ vero che la storia non si fa con i se e con i ma, ma se l’Italia non fosse entrata in guerra, la guerra stessa probabilmente sarebbe finita di lì a qualche mese, o forse per meglio dire, le mire espansioniste dell’URSS e degli USA si sarebbero, magari solo per un lustro, placate… Se non una pace durevole vi sarebbe stata una sorta di tregua armata per qualche anno. Già in Inghilterra si ipotizzava di spostare il governo in Canada e la stessa opinione pubblica inglese, non capiva il perché l’Inghilterra stessa non voleva avviare trattative di pace con la Germania, visto che era stata l’Inghilterra stessa a dichiarare guerra alla Germania. Che senso aveva, si chiedeva il popolo inglese, morire per Danzica? La dichiarazione di guerra italiana all’Inghilterra cambiò completamente gli umori del popolo inglese il quale si sentì aggredito, il presidente statunitense Roosvelt parlò di “pugnalata alle spalle”. Come detto di fronte all’aggressione italiana il mondo anglosassone si compattò e gli Stati Uniti che sino a quel punto avevano aiutato in modo occulto e velato l’Inghilterra e la Francia, le quali non dimentichiamoli furono loro a dichiarare guerra alla Germania, erano loro gli aggressori, incominciarono sia ad aiutare in maniera massiccia e ufficiale i loro alleati d’oltreoceano e dall’altra parte, preparare l’opinione americana sulla eventualità dell’entrata in guerra degli Stati Uniti stessi.
Se questa ipotesi fosse veridica, si capirebbe dunque il perché del tentativo compiuto dai servizi segreti inglesi, aiutati dalle cellule partigiane comuniste di impossessarsi sia del famoso carteggio Mussolini Churchill e sia di assassinare Mussolini stesso. Perché gli inglesi non vollero che Mussolini venisse catturato vivo e processato come successe alla fine della guerra alla dirigenza fascista? Forse perché in un processo Mussolini avrebbe svelato le trattative intercorse tra lui e Churchill? Forse perché in un processo Mussolini avrebbe svelato il patto che vi fu tra i due e che Churchill tradì, causando la fine politica dell’Europa oltre che a milioni e milioni di morti?
Interessante notare che vi fu nel tentativo di impossessarsi del famoso carteggio Mussolini Churchill e nel tentativo di assassinare, come poi avvenne, Mussolini una sorta di convergenza operativa, collaborazione tra i servizi segreti inglesi e l’apparato clandestino, militare del Partito Comunista. Questo spiegherebbe dunque le svariate versioni riguardo l’assassinio di Mussolini e il fatto che quasi tutti i partigiani della zona dell’Alto Lario che catturarono Mussolini, furono uccisi una volta finita la guerra… Notiamo che questa convergenza operativa che vide anche la partecipazione di elementi anarchici, si ebbe anche negli attentati che subì Mussolini negli anni ’20 e nella strage che vi fu a Milano nel 1928. Sarebbe interessante appurare se questa sorta di joint venture inglese-anarchico-comunista, abbia operato in Italia anche nel dopoguerra… Magari a Piazza Fontana, il 12 Dicembre 1969?
Queste secondo chi scrive sono le quattro principali teorie riguardanti il perché l’Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940… La quarta teoria che abbiamo esposto è affascinante, ma allo stato attuale è una sorta di ipotesi di lavoro, una sorta di teorema non suffragato da nessun documento e/o testimonianza.
Le prime due tesi, quelle della storiografia ufficiale, peccano, secondo noi, di un pregiudizio ideologico nei confronti di Mussolini e della dirigenza fascista alle quali si imputano cinismo, spregiudicatezza, incapacità, “assolvendo” in questo modo il popolo italiano dal suo appoggio, sebben come detto passivo al regime fascista, e l’esercito regio il quale avrebbe subito le conseguenze delle decisioni di una cricca di “criminali”…
L’ipotesi che, documenti alla mano, forse più si avvicina alla realtà sembrerebbe essere la terza, con in più aggiungiamo noi un certo e innegabile dilettantismo operativo non solamente indotto da chi voleva oggettivamente far perdere la guerra all’Italia, ma che vi era strutturalmente in moltissimi appartenenti, sia nei ranghi superiori che in quelli inferiori (ufficiali e truppa) al regio esercito italiano e al fatto che lo stesso popolo italiano non brillava e non brilla certamente per coraggio, per tenacia, nel resistere alle privazioni che una guerra comporta, nelle virtù militari e guerriere…
Note :
1) Pietro Baroni, Una Patria Venduta, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1999
Ibidem, La fabbrica della sconfitta, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1997
Antonino Trizzino, Gli amici dei nemici, Longanesi, Milano 1971
Ibidem, Navi e poltrone, Longanesi, Milano 1966
Ibidem, Settembre nero, Longanesi, Milano 1968
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