di Andrea Farhat

Quando nell’ottobre 2007, tra gli squilli di tromba del clero cultural-mediatico, nasceva il PD, con il bacio della morte della sua tessera dell’ingegner De Benedetti, l’evento ci lasciò molto perplessi. Nella smania di rincorrere il modello americano si vollero mettere insieme culture e storie politiche molto diverse con un’operazione unica in Europa e che apparve subito nata male. Dopo aver cavalcato le “fulgide” prospettive della globalizzazione realizzando l’ idea desiderata della grande finanza (tagli allo stato sociale), senza aver minimamente capito le ricadute sui ceti meno abbienti e sulle classi medie, oggi si ritrova svuotato con un misero 18% dei consensi. Il tentativo, mal riuscito, di allearsi con i radicali della Bonino, vera punta di lancia della mondializzazione Sorosiana in Italia, ha suggellato una parabola che appare senza vie d’uscita. Il successo elettorale del PD nel centro della Roma pariolina e nel triangolo della moda milanese sono la certificazione di un processo irreversibile. Il PD è diventato il partito dei professionisti e di quelli che si credono beneficiari della globalizzazione. Il PD non recupererà più i voti dei ceti popolari e dei ceti medi che sono stati penalizzati dalle politiche piddiste a favore della globalizzazione e a totale detrimento della popolazione (leggasi jobs act, precarizzazione e taglio dei diritti sociali). Esaurita la carta del PD l’élite finanziaria sta giocando quella dei 5 stelle, creati in laboratorio, in tempi non sospetti dal duo Casaleggio-Sassoon,come carta di riserva. Attendiamo sull’argine del fiume, con una certa impazienza, il passaggio del feticcio grillino, ultima carta dei mondializzatori per gestire il processo in atto. Le forze identitarie devono essere in grado di costruire un articolato fronte culturale e politico per approfittare della situazione che si sta creando. Rapidamente !