di Paolo Rada
Il termine “strategia della tensione” è uno di quei vocaboli, concetti che hanno assunto nel corso degli anni una valenza quasi assiomatica, sono cioè divenuti parte del lessico quotidiano di qualsiasi persona che si occupa o che è interessata allo studio della storia contemporanea. Fondamentalmente si accetta questa dizione senza porsi il problema se essa abbia un qualsivoglia fondamento in sede storiografica, ma la si utilizza quasi fosse una tautologia, un dato certo, indiscutibile, assolutamente vero. E’ corretto porsi verso un concetto, non un dato fattuale, in questi termini ? E’ Forse il caso di capire se al concetto “strategia della tensione” corrispondono dati fattuali certi o se esso è invece una sorta di superfetazione ideologica che tenta di piegare ai suoi schemi preconcetti i dati della realtà.
Innanzitutto incominciamo col collocare spazialmente e temporalmente questo concetto. Esso fu usato per la prima volta, qualche giorno prima della strage di piazza Fontana a Milano, esattamente il 7 dicembre del 1969, la strage presso la banca sarebbe avvenuta di lì a pochi giorni, dal giornalista Leslie Finer del settimanale inglese Observer. In esso si citava un presunto documento del governo greco, caduto nelle mani dei servizi segreti britannici, dove si ipotizzava in Italia l’utilizzo della violenza terroristica, stragi, attentati da parte di elementi di estrema destra, eterodiretti dallo stesso governo greco e più in generale dagli Stati Uniti, al fine di determinare un clima di tensione tale da far si che da parte di elementi delle forze armate italiane si ventilasse l’ipotesi di attuare un colpo di stato, un governo militare vista l’incapacità dei governi democraticamente eletti, di impedire il crescere del disordine e della violenza. Dunque, fondamentalmente, si potrebbe affermare che siffatto concetto fu dato in pasto alla stampa dai servizi segreti britannici. Questo fatto dovrebbe far scattare un “allarme” da parte di qualsiasi storico. Naturalmente dagli assertori di questa tesi storiografica viene messo altresì in luce che l’ondata crescente di attentati e/o violenza, pestaggi quotidiani che avrebbe caratterizzato la vita dell’Italia, soprattutto nelle grandi città negli anni ’70, sarebbe stata attuata dai fautori di suddetta strategia, onde addebitare alle forze della sinistra ed in particolare al Partito Comunista tali violenze, stragi, attentati al fine di impedire alle forze della sinistra di avere dei successi elettorali o il consenso di buona parte dell’opinione pubblica. Dunque secondo la maggior parte della storiografia contemporanea la“strategia della tensione” avrebbe avuto due scopi ben precisi:
1) Impedire l’avanzata elettorale del Partito Comunista e più in generale delle forze della sinistra
2) Preparare il campo, creare un clima di violenza e di disordine tali affinchè elementi delle forze armate italiane attuassero un colpo di stato
Dobbiamo dire che, quasi tutta la storiografia contemporanea, accetta in maniera pedissequa questo schema ideologico, onde spiegare ciò che avvenne nei dieci-quindici anni che vanno dal 1968 agli inizi degli anni ’80.
Stragi, violenze quotidiane, i gruppi armati e tutti quegli elementi che caratterizzeranno la vita e la storia degli anni ’70 vengono letti secondo questa tesi: i cattivi, ovvero a seconda dello storico scrivente la CIA, la P2, i militari, i neofascisti, i colonnelli greci, i servizi segreti di mezzo mondo (chissà come mai non vengono quasi mai menzionati i servizi segreti dell’Est..) avrebbero con la violenza diretta o manipolando giovani di estrema destra o di estrema sinistra affinchè compissero atti efferati, impedito ai buoni, ovvero il Partito Comunista di vincere le elezioni e di giungere dunque al governo del paese.
Questa tesi, che potrebbe avere anche un fondamento di verità ( che qualcuno in ambienti NATO abbia pensato a una siffatta strategia può essere sicuramente vero, che sia riuscito a passare dalle parole ai fatti non è così certo..) è caratterizzata però da un lato da una sorta di manicheismo ideologico e dall’ altra non tiene conto di dati fattuali storici e certi.
Manicheismo ideologico in quanto essa poggia sull’ assunto che da un lato vi erano i buoni, le forze democratiche, i lavoratori i quali stavano finalmente per giungere al potere, ma furono fermate dai cattivi fascisti, golpisti, reazionari ecc.
Vediamo ora di analizzare invece i dati fattuali, ciò che è avvenuto.
Ci fu in Italia un colpo di stato ? La risposta è negativa.
In Italia non ci fu nessun colpo di stato. E’ vero che ci furono tentativi onde far sì che scattassero dei piani emergenziali da parte delle forze armate, e che dunque venisse dichiarato lo stato d’emergenza e la sospensione delle libertà democratiche e l’avvento di un governo militare, ma ciò in ogni caso non avvenne. Anzi possiamo affermare che se vi furono tentativi onde far si che le forze armate attuassero un colpo di stato essi non vennero solamente dall’ ambiente neofascista, ma anche dalla parte opposta. Ad esempio la strage di piazza Fontana, secondo noi, va letta in questi termini: chi mise quella bomba, anarchico, comunista o fascista che fosse, manipolato o meno, voleva che il presidente del consiglio dell’epoca Mariano Rumor, ed il Presidente della repubblica Saragat dichiarassero lo stato d’emergenza. Perché abbiamo scritto “anarchico, comunista o fascista che fosse” ? In quanto sia dall’ una che dall’ altra parte vi era la volontà, sebbene per scopi diversi che adesso vedremo, di far sì che le forze armate prendessero il potere. Da parte di settori dell’estrema sinistra, presenti anche all’ interno del Partito Comunista, si voleva attraverso il colpo di stato creare in Italia un clima tale affinchè vi fosse un’insurrezione comunista contro lo stato ora guidato dai militari. Non dimentichiamoci che moltissimi ex partigiani, decine di migliaia di persone non avevano consegnato le armi all’ indomani del 25 aprile del 1945 ma le avevano gelosamente conservate, e che moltissimi di essi, inoltre, si erano costantemente esercitati al loro uso: si erano per così dire “tenuti in allenamento”. A livello anagrafico questi ex partigiani avevano tra i quaranta e i cinquant’ anni. Se a costoro affianchiamo quelle migliaia di giovani comunisti che avrebbero praticato la violenza nel decennio successivo, risulta chiaro che l’idea di scatenare, successivamente ad un colpo di stato, un’insurrezione comunista non era poi così campata in aria. Inoltre di fronte ad un eventuale colpo di stato lo stesso Partito Comunista, sarebbe, de facto, dovuto entrare in clandestinità, e forse, così speravano secondo noi gli ambienti dell’estrema sinistra vicini a Secchia, porsi alla testa dei guerriglieri, degli insorti così come era avvenuto durante la guerra civile in Italia dal 1943 al 1945. Le stesse Brigate Rosse, qualche anno più avanti, avrebbero invocato e sperato quella che loro chiamavano “germanizzazione dell’Italia”: ovvero la perdita di determinate libertà civili in nome della sicurezza. La “ germanizzazione dell’Italia avrebbe talmente esasperato il popolo da indurlo se non ad insorgere quanto meno ad appoggiare i rivoluzionari. Non dimentichiamoci che questa fu la tattica vincente che attuò il Partito Comunista Italiano durante la guerra civile: attraverso tutta una serie di attentati e di stragi si indussero sia le Forze Armate fasciste che le forze armate tedesche presenti sul suolo italiano ad attuare molto spesso arresti arbitrari, misure di coprifuoco, rappresaglie indiscriminate contro la popolazione civile, la quale esasperata dalla reazione fascista e tedesca in molti casi appoggiò, aiutò o si unì ai gruppi partigiani. Un colpo di stato avrebbe inoltre rotto gli equilibri di Yalta: come si sarebbe comportata l’URSS o elementi al suo interno di fronte ad un governo
militare in Italia ? Avrebbe inviato armi, aiuti militari alle forze comuniste pronte all’ insurrezione ? Sarebbe intervenuta direttamente ?
Altro invece era lo scopo di chi voleva che si attuasse un colpo di stato militare tout-court dall’ altro versante politico: essi volevano semplicemente che il potere passasse dai politici ai militari, come era avvenuto in Grecia qualche anno prima.
Successivamente alla strage di piazza Fontana, e alle bombe che scoppiarono a Roma nella stessa data, si sarebbe dovuta tenere a Roma, il giorno dopo, una manifestazione del M.S.I. che avrebbe sicuramente causato morti e feriti. A questo punto secondo i piani di chi mise le bombe il presidente del consiglio avrebbe dichiarato lo stato d’emergenza, e il potere sarebbe passato direttamente ai militari. La manifestazione fu però annullata e Rumor non se la sentì di dichiarare lo stato emergenziale. Il successivo attentato a Rumor del 1973 la strage alla questura di Milano, compiuto dall’ anarchico Bertoli fu forse la vendetta per quanto era avvenuto circa quattro ani prima. Sebbene sulla figura di Bertoli vi sono molti dubbi egli si è sempre dichiarato anarchico…
Tale fu anche il tentativo colpo di stato del Comandante Borghese del’8 Dicembre 1970, circa un anno dopo, che vide il coinvolgimento diretto di elementi neofascisti, appoggi internazionali, e settori delle forze armate, i quali si ritirarono all’ultimo momento, facendo sì che non scattasse il piano di occupazione dei gangli vitali dello stato (prefetture, ministeri, sedi di partiti politici ecc.) nella notte stessa del golpe, cosicchè il Comandante Borghese dovette sospendere le operazioni in corso.
Vediamo ora di rispondere all’ altro quesito che ci eravamo posti.
Il Partito Comunista, grazie alle stragi aumentò o perse consensi ?
Mai come negli anni settanta il Partito Comunista italiana ebbe dei consensi impressionanti, consensi che lo porteranno all’ indomani del sequestro del presidente della DC Aldo Moro al governo del paese. Il 16 marzo 1978 il Partito Comunista dopo circa trent’ anni ri-giunse al governo…
Presentandosi come partito d’ordine il Partito Comunista riuscì, cavalcando l’idea della “strategia della tensione”, e di uno stato stragista che non aveva problemi ad ammazzare la gente nelle banche, sui treni, nelle piazze a presentarsi come forza democratica ed onesta.
L’idea della strategia della tensione servì, non sappiamo se anche fu indotta, ai settori moderati del Partito Comunista onde presentarsi sia verso l’alleato atlantico, che verso l’alleato sovietico, come un partito d’ordine che avrebbe potuto guidare il paese. Non è casuale che Berlinguer
affermò durante gli anni settanta di sentirsi più al sicuro sotto l’ombrello della NATO, e che, secondo noi, dovendo rendere conto di dichiarazioni simili a Mosca le giustificò affermando che, rassicurando il governo americano e presentandosi per di più come partito d’ordine che avrebbe finalmente messo al bando, fermato sia la violenza degli estremisti golpisti di estrema destra e sia la violenza dei vari gruppi armati comunisti (Brigate Rosse, Prima Linea ecc.) sarebbe stato l’unico modo per poter giungere finalmente al governo del paese.
La tesi, il concetto di strategia della tensione servì al Partito Comunista, o per meglio dire alla sua parte moderata che aveva assunto le redini del Partito onde presentarsi quale forza moderata, ma dotata di una fermezza sia ideologica che organizzativa che mancava alla Democrazia Cristiana, che poteva e doveva guidare il paese, forza politica che avrebbe rassicurato sia Mosca che Washington. L’idea del compromesso storico è la diretta conseguenza dell’utilizzo politico del concetto di “ strategia della tensione”: così pensarono i dirigenti comunisti: a destra e anche all’ interno della Democrazia Cristiana vi sono gruppi, forze che stringono l’occhio ad eventuali golpisti: l’unico modo per neutralizzare le “forze della reazione in agguato”, per fermare gli eventuali golpisti è quella di indurre l’ala sinistra della Democrazia Cristiana a far accettare a tutto il Partito l’alleanza, il compromesso con i comunisti.
Si potrebbe dunque ipotizzare che all’ interno del Partito Comunista, tra coloro i quali “sapevano”, vi erano tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta due opposte linee guida: cavalcare la violenza armata di sinistra ed anche essere contigui ad essa
(Alberto Franceschini fondatore insieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse affermò che le prime armi furono a loro date da ex partigiani appartenenti all’ apparato clandestino del Partito Comunista) onde indurre, come durante la guerra civile lo stato a compiere delle “rappresaglie” giudiziarie, legislative, civili sino all’ ipotesi estrema di un golpe. Ciò come dicevamo avrebbe indotto e fatto capire a quelle decine di migliaia di ex partigiani che solamente attraverso la “critica delle armi”, l’insurrezione era possibile giungere al potere. Di fronte a un golpe l’unica risposta sarebbe stata la lotta armata, magari supportata da stati esteri sino alla vittoria, sino all’ avvento di uno stato comunista. Questa tendenza faceva molto probabilmente riferimento a Pietro Secchia all’ interno del P.C.I. e all’ editore Giangiacomo Feltrinelli per quanto riguarda i contatti con i gruppi extraparlamentari ed armati.
L’altra tendenza che vi era all’ interno del Partito Comunista era quella chiamata del compromesso storico che ipotizzava l’arrivo al potere del Partito Comunista attraverso l’alleanza con la Democrazia Cristiana. L’utilizzo strumentale, che divenne una sorta di verità indiscutibile del concetto di “strategia della tensione”, fu il grimaldello che indusse vasti settori della Democrazia Cristiana a guardare con favore all’ ipotesi di un’alleanza con il Partito Comunista: di fronte ai progetti golpisti, l’unica strategia onde fermare gli stragisti fascisti e reazionari presenti all’ interno delle forze armate e anche della stessa Democrazia Cristiana, era l’abbraccio tra le forze cattolico democratiche e le forze comuniste, così come era avvenuto nella guerra civile dal 1943 al 1945, per riperpetuare i governi di coalizione tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista che avevano caratterizzato l’ Italia nel primissimo dopoguerra. L’accettazione dell’o
mbrello della NATO servì a rassicurare vasti strati dell’opinione pubblica moderata in Italia, ma soprattutto il governo americano che non guardò in malo modo l’ipotesi del Partito Comunista al potere. Ricordiamoci che a metà degli anni settanta ambienti USA favoriranno la caduta del regime dei colonnelli in Grecia e di Salazar in Portogallo, nonchè il cambio del governo negli stessi Stati Uniti attraverso lo scandalo
Watergate. Inoltre, come abbiamo scritto precedentemente, il fatto che il termine “strategia della tensione” fu confezionato dai servizi segreti di sua Maestà, dai servizi segreti britannici potrebbe aprire ulteriori ipotesi storiografiche :
il Partito Comunista si appropriò, in modo autonomo, di questo concetto per usarlo ai suoi fini o addirittura si potrebbe ipotizzare una sorta di contiguità tra settori del Partito Comunista e settori dell’ intelligence inglese ? Che gli inglesi abbiano voluto dare una lezione al governo italiano che qualche mese prima aveva appoggiato il colpo di stato compiuto dal colonnello Gheddafi in Libia e lesivo degli interessi britannici?
Ci rendiamo conto che abbiamo affrontato il tema della “strategia della tensione” in modo unilaterale, e siamo altresì consapevoli che vi erano molti più attori sia interni che internazionali, e che per di più un articolo certamente non può bastare ad affrontare un tema siffatto, ma siamo altresì consapevoli che abbiamo affrontato questo tema da un’angolatura che quasi mai è stata, in sede storiografica presa in considerazione. Che questo articolo serva sia da spunto di riflessione, che a far capire come in sede storiografica non dovrebbero esistere concetti, tautologie che vorrebbero piegare la realtà ai propri schemi.
Fonti :
Testo integrale del dossier segreto greco : http://www.strano.net/stragi/tstragi/pfontana/append4.htm
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