di Alberto Nicoletta

Nell’ attuale sistema multipolare diversi “nuovi” Paesi hanno iniziato a far parlare di se, tra questi va citata la Repubblica Presidenziale dell’ Uzbekistan, con i suoi 30 milioni circa di abitanti milione in più milione in meno, sta giocando un ruolo importante tra le nazioni centrasiatiche, realtà a Noi non così distanti visto che esiste una sorta di cerniera tra il bacino Mediterraneo e l’ Asia centrale.

L’ Uzbekistan dopo la colonizzazione dello Zar di Russia ha continuato a gravitare sotto il cappello dell’ Ex Unione Sovietica fino al 1991, nella realtà sovietica aveva un unico ruolo prefigurato ovvero quello di produttore agricolo, sarà poi con l’ invasione della Russia, da parte delle truppe dell’ asse durante la Seconda Guerra Mondiale, che la produzione di armi verrà trasferita in altri stati satellite; ciò darà la possibilità all’ Uzbekistan di cominciare a sviluppare una sua seppur limitata realtà industriale. Con la caduta dell’ URSS, molti Pesi ex-sovietici subiscono un vero shock economico ma non è il caso dello stato Uzbeko che evitando di seguire la ricetta dell’ FMI e i parametri di Washington, imposti alle nuove democrazie, riuscirà a non subire gli effetti di tale passaggio. Un forte controllo da parte dello stato della Banca e degli investimenti, parallelamente a un’ economia chiusa e a una moneta non convertibile, permetteranno allo stato Uzbeko di affrontare senza scossoni anche la crisi del 2009.  Nel passaggio il reddito procapite non calerà come in Russia e non vi sarà nemmeno una diminuzione del tasso di vita media, anzi assisteremo a una forte diminuzione della mortalità infantile. In oltre negli anni ‘90 l’ Uzbekistan comincerà ad avviare dei rapporti diplomatici tutt’ ora esistenti con l’ Italia al fine di incrementare l’ economia.

L’ Uzbekistan è un forte produttore di cotone (produzione rilanciata dall’ URSS negli anni ‘50) e di materie prime o semilavorate, tra le quali : gas, petrolio, tungsteno, uranio e oro; il paese ha mantenuto un sistema scolastico e universitario di stampo sovietico che consente ancora oggi di creare ottime teste, potrebbe essere questo un aspetto importante al fine di modernizzarne la struttura con un aumento competitivo del comparto industriale e della ricerca annessa.

Uno dei problemi dell’ Uzbekistan (come della Russia) è proprio la modernizzazione industriale al fine di diversificare la struttura produttiva, l’ esportazione delle materie prime potrebbe non essere sempre costante, la lavorazione del prodotto estrattifero frutterebbe di più e risulterebbe più appetibile sui mercati internazionali che interessano tanto al governo del presidente  Shavkat Miromonovich Mirziyoye. Le importazioni invece riguardano i beni di consumo e  i beni di investimento, notiamo come proprio in Uzbekistan e non in altre realtà centrasiatiche, esiste una sede della General Motors.

Difficile parlare di modernizzazione, in uno stato che abilmente ha saputo preservare la propria identità storica, artistica e culturale ma gli interessi dettati dalla vicina Cina sono senz’ altro un’ ottima leva. Nella nuova via della seta cinese l’ Uzbekistan ha una rilevante importanza, messa in luce dal progetto OBOR (One Belt One Road), ovvero la creazione di una serie di infrastrutture strade, tunnel, ferrovie per permettere una libera circolazione delle merci tra gli stati dell’ Asia Centrale; l’ Uzbekistan si troverebbe in una posizione di snodo tra le reti ferroviarie voluta anche per permetterne un accrescimento dei legami culturali con la Cina (Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan, servì durante tutto il periodo sovietico come centro per studi cinesi e l’Uzbekistan ha ricevuto il sostegno del governo cinese per continuare ad insegnare il mandarino ).

Il Gasdotto Asia Centrale-Cina ha come fulcro l’ Uzbekistan che si vede attraversato da tre linee di gasdotti più una quarta in costruzione, ciò accrescerà l’ indipendenza della Cina dal gas uzbeko.  Già oltre 2000 anni fa l’ Uzbekistan fu interessato da numerose rotte commerciali, vi sostavano carovane di cammelli che mettevano in comunicazione Cina, India e Medio Oriente permettendo il sorgere di grandi città come Samarcanda, Ferghana, Tashkent (la capitale), Bukhara, Khiva e Termez; questi collegamenti con il seguente assorbimento da parte dell’ impero russo lasceranno un segno nella lingua uzbeka che consta di una lingua turca con influenze dal persiano, arabo, tartaro e russo. La Russia è chiaramente ben consapevole dell’ importanza dell’ Uzbekistan e, nonostante i Paesi Occidentali con cui collabora, tiene con esso buoni rapporti; tuttavia l’ importanza verso il centro-Asia aumenta le tensioni tra Cina e Russia, questo grazie anche alle ingerenze atlantiche che nel 2005 hanno sostenuto la rivolta dei tulipani. Negli ultimi anni, aziende leader in Austria, Bulgaria, Gran Bretagna, India, Singapore e Corea del Sud hanno collaborato a commissionare imprese specializzate nella produzione di tubi in rame di diversi diametri, silicio industriale, lampade a LED a risparmio energetico, bricchette di carbone, materiali da costruzione e di finitura e zucchero; in oltre l’ Uzbekistan è divenuto il sesto produttore mondiale di cotone. Tale situazione, più l’ accrescimento esponenziale, caratterizzato da una popolazione in espansione con un’ età media piuttosto bassa pertanto costituita da ottimi consumatori, pone il timore che l’ Uzbekistan possa in futuro divenire una nazione troppo forte tanto da infastidire il vicino Kirghizistan. I due paesi non sono mai andati molto d’ accordo, la politica isolazionista di Islam Karimov non facilitava i rapporti e nel 2016 le truppe uzbeke arrivarono ad occupare la stazione radio televisiva posta sulla collina di Ungar-Too in Kirghizistan. Tuttavia recentemente hanno avuto luogo una serie di rapporti conciliativi, come la decisione del premier uzbeko di mappare l’ 80% della linea di frontiera per risolvere le dispute territoriali, nate dalle divisioni operate da Stalin in luoghi mai divisi da veri e propri confini, oggetto di tensioni legate a contrabbando o fughe che hanno portato a scontri a fuoco. Nel luglio 2017 il Kirghizistan ha annunciato l’accordo che prevede la fornitura di energia elettrica all’Uzbekistan con tariffe favorevoli, così come il ripristino dei voli; o anche l’ inaugurazione del segmento kirghiso (di proprietà di Gazprom) del gasdotto che trasporta gas uzbeko dalla regione di Bukhara al Kazakhstan transitando dal Kirghizistan. Anche la riapertura del valico di frontiera di Dostuk ha una certa importanza; soprattutto dopo le sanguinose ribellioni in due cittadine delle rispettive nazioni, ove in seguito ai conflitti interetnici le popolazioni premevano per varcare i confini, costringendo le autorità nazionali alla chiusura degli stessi. Forse tali riavvicinamenti sono dettati al fine di normalizzare i rapporti tra due nazioni che cercano di trarre vantaggio dalla nuova politica estera cinese, tuttavia è ancora presto per trarre conclusioni.

Dall’inizio degli anni ’90, in seguito alla fine dell’Unione Sovietica e all’emergere di queste nazioni dell’Asia centrale come paesi indipendenti, è stato lanciato uno sforzo ben organizzato dall’estero, in particolare dall’Arabia Saudita e da alcuni paesi sunniti del Golfo, per diffondere il Wahabismo, (una deviazione eretica dall’islam) in tutta l’Asia centrale. Furono addestrati combattenti, furono fornite armi e venne istituita un’organizzazione per minare le nazioni appena divenute indipendenti e politicamente deboli. La jihad finanziata dai sauditi, sostenuta da Londra e Washington, è stata usata per indebolire il processo di sviluppo politico, arrestare la crescita economica e destabilizzare l’ Asia in funzione anti russa e anti cinese.

In questo contesto, l’ OBOR della Cina offre la speranza di un forte sviluppo futuro perché le sue caratteristiche reciprocamente vantaggiose hanno iniziato a emergere. Gli investimenti della Cina nelle infrastrutture e nello sviluppo di quadri di manodopera qualificata in questi paesi vanno di pari passo con gli sforzi russi di fornire sicurezza sul campo usando il suo vasto apparato di sicurezza.

L’ esperienza sovietica, nonostante il suo iniziale slancio antireligioso, ha preservato l’ Islam tradizionale nelle regioni centrasiatiche evitando infatuazioni verso gruppi estremisti. Non è il caso però dell’ Uzbekistan che più di tutti si è aperto alle influenze occidentali abbandonando anche l’ Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.

Per ovviare alla chiusura economica del paese il Primo Ministro Mirziyoyev ha imposto la “strategia di sviluppo 2017-2021”; trattasi di una serie di riforme volte a dare maggior efficienza nel funzionamento dello stato, sullo sviluppo e liberalizzazione dell’economia, sul welfare, sulla tolleranza interreligiosa e su una buona politica estera. Parallelamente all’ esportazioni di metalli rari, gas ed energie rinnovabili, capiamo come l’ Uzbekistan voglia intraprendere un percorso di sviluppo sul piano internazionale, come sappiamo, ad oggi ciò non è possibile senza affrontare in qualche misura la minaccia del terrorismo di matrice islamica.

Già nel 2004 l’ Uzbekistan fu colpito da alcuni attentati dinamitardi che lasciarono numerosi morti, alcuni avvennero nei pressi delle ambasciate americana e israeliana; questo avvenne mentre il paese dava appoggio agli Stati Uniti consentendo il transito dei militari impiegati nella guerra in Afghanistan, si trattò già allora di attentati di matrice islamica ad opera del Partito Uzbeko della Liberazione islamica (Hizb-ut-Yahrir) affiliato al terrorismo internazionale insieme ad Al Qaeda. Vi furono anche falliti tentativi di attentati all’ ex presidente Islam Karimov, artefice dell’ allontanamento, negli anni ’90, di molti terroristi dal proprio Paese, che conseguentemente scapparono in Afghanistan alimentando le schiere dei combattenti.

Non giova la situazione del vicino Turkestan nella regione cinese dello Xinjiang, li sono attivi i gruppi terroristici Jihadisti Uiguri, responsabili dell’ attacco alla base aerea di Abu Duhur in Siria e pertanto anch’ essi affiliati all’ ISIS come altri gruppi centrasiatici. Responsabili degli attentati nello Xinjiang, creano problemi al governo cinese che reagisce cercando di migliorare le condizioni economiche di tale regione, grazie anche ai rapporti con le limitrofe realtà centrasiatiche.

E’ uzbeko l’ attentatore che il 31 ottobre 2017 a New York con un furgone scagliato su una posta ciclabile ha fatto otto morti e dodici feriti, l’ attentato è da considerarsi di matrice islamica.

Anche gli attentati avvenuti in Turchia nel 2016 (all’ aeroporto Ataturk e il “killer di capodanno”) hanno tra i loro esecutori terroristi islamici di nazionalità uzbeka; così come l’ attentatore che l’ aprile 2017 a Stoccolma fece quattro morti investendoli con un furgone.

L’ Uzbekistan quindi non è estraneo al terrorismo, in un territorio che ha vaste zone desolate (il grosso della popolazione vive per lo più nella regione a sud e nell’ area orientale) e non facili da controllare. Nell’ area a confine con l’ Afghanistan già negli anni ’90 nacquero gruppi islamici dediti alla Guerra Santa, che sfruttarono il malcontento popolare dettato da povertà e corruzione. I Talebani pertanto hanno avuto una forte influenza permettendo la nascita nel 1998 del Movimento Islamico dell’ Uzbekistan (MIU) ad opera di Tahir Yuldashev e Juma Namangani (ex paracadutista sotto l’ URSS), tale gruppo ancora attivo ad oggi combatte nelle fila dell’ ISIS. I terroristi provenienti dall’Uzbekistan sarebbero entrati in Siria in gran parte nel 2012, quando cioè il conflitto siriano è entrato nella fase di massima violenza trasformandosi da guerriglia interna a vera e propria guerra tra eserciti e fazioni contrapposte. Vediamo quindi come più i Jihadisti dell’ area medio orientale sono in difficoltà e più il loro bacino di reclutamento si allarga, abbracciando fazioni di combattenti islamici esistenti già da tempo che in maniera rapida e organizzata riescono a mettersi in contatto e collaborare come mossi da un’ unica mente, secondo alcuni una mente occidentale !

C’è da chiedersi pertanto se le aperture internazionali che l’ Uzbekistan si sta concedendo, al fine di perseguire una politica di espansione tesa ad entrare nei mercati globali, sia veramente la strada migliore per il proprio popolo; oppure possa rivelarsi sul lungo periodo una vera e propria trappola come avvenuto per le attuali economie europee.

Fonti :

[1] Conferenza della rivista “Eurasia” a Modena nel 2012 dal titolo “Uzbekistan e Italia rapporti economici e culturali”.

[2] http://www.schillerinstitute.org/economy/phys_econ/2016/1227-obor-uzbek/ou.html

[3] https://www.eurasia-rivista.com/la-rivoluzione-lislam/

[4] https://aurorasito.wordpress.com/2018/01/12/erdogan-cambia-lato-e-riarma-i-terroristi/

[5] http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/italia/18497/tre-attentati-a-tashkent-in-uzbekistan-2-morti.html

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/03/30/sangue-in-uzbekistan-19-morti-in-quattro.html?refresh_ce

[6] http://www.occhidellaguerra.it/lisis-e-lo-spauracchio-del-terrorismo-uzbeko/

[7] http://www.eastjournal.net/archives/85970

[8] http://www.eurasianbusinnessdispatch.com/ita/archivio/Il-summit-tra-Uzbekistan-e-Kirghizistan-nel-quadro-della-cooperazione-bilaterale-e-regionale-di-Fabio-Indeo-419-ITA.asp